Inclusive Marketing: il rapporto con la Gen Z

In questi ultimi anni, termini come “diversità” e “inclusività” stanno acquisendo sempre più rilevanza all’interno della nostra società. Dal colore della pelle alla religione, dall’orientamento sessuale all’identità di genere, desideriamo che i nostri valori siano apprezzati e riconosciuti.

Le battaglie della comunità LGBT, il clamore dei movimenti “Black Lives Matter”, “Friday For Future”, “Body positive” o gender equality e il grande interesse verso gli sport paralimpici sono solo alcune testimonianze di questa evoluzione sociale.

(Image Credit: Daniel Leal-Olivas)

Viviamo in un mondo più consapevole, connesso e attento ai diritti di tutte le categorie sociali e l’importanza di questi temi ha spinto, di conseguenza, anche i brand ad abbracciare un nuovo modo di comunicare: l’Inclusive Marketing.

Cos’è l’Inclusive Marketing

Con il termine Inclusive Marketing ci si riferisce a un approccio comunicativo capace di raggiungere un pubblico ampio considerando tutti gli aspetti dell’identità di una persona: il colore della pelle, l’età, l’orientamento sessuale, l’identità di genere o la religione.

Un comunicazione inclusiva infatti fa leva sull’empatia, attraverso cui comprendere fino in fondo il proprio pubblico e rappresentarlo in tutte le sue sfumature.

Sfumature inerenti alla personalità e alle preferenze, che non possono più essere trascurate ma incluse e valorizzate.

Riuscire a raggiungere la sensibilità e la diversità del pubblico, infatti, aumenta la fiducia dei consumatori e migliora la percezione del brand.

Esempi di comunicazione inclusiva

Dalla pubblicità inclusiva alla creazione di prodotti accessibili, sono diverse le aziende che – ormai da tempo – hanno compreso l’importanza dell’Inclusive Marketing all’interno delle proprie strategie.

Ne è un esempio l’ultimo aggiornamento iOS15 di Apple, che ha introdotto la schwa (ə) all’interno della tastiera dei suoi dispositivi.

Ora, infatti, anche chi possiede un iPhone può utilizzare in chat e messaggi questo simbolo inclusivo (già disponibile sui device Android).

In italiano – infatti – la schwa non corrisponde a nessun suono, ma viene sempre più apprezzata e utilizzata nel mondo per sostituire le vocali “di genere”.

L’introduzione di questo simbolo fonetico – in un certo senso – ha dato seguito alla richiesta avanzata dalla sociolinguista Vera Gheno.

Nel suo libro “Femminili Singolari”, la scrittrice italiana aveva infatti proposto di utilizzare la schwa al posto dei termini maschili plurali in riferimento ai gruppi di uomini e donne.

Ad esempio, per scrivere “scrittore” e “scrittrice”, potremmo semplicemente digitare “scrittorə” e non esplicitare il genere.

Un modo per rendere più inclusiva e gender neutral la lingua italiana, che ha suscitato clamore tra i più conservatori ma ha trovato grande sostegno da parte di utenti e attivisti.

I risultati dell’Inclusive Marketing

L’inclusività è sicuramente un tema su cui si dibatte spesso, ma quanto può fare la differenza in termini di risultati? Davvero tanto. 

A rivelarlo è il team di Google Ads – divisione dedicata alle campagne pubblicitarie a pagamento – che dal 2019 ha portato avanti “All In”, un progetto per misurare l’efficacia delle immagini nei suoi contenuti visivi.

Il colosso di View Mountain si era, infatti, reso conto che i propri annunci raffiguravano soprattutto maschi bianchi e così ha deciso di avviare una serie di test, modificando le creatività e provando a rispecchiare le nuove realtà.

I nuovi contenuti ritraevano persone di ogni etnia e classe sociale, coppie omosessuali, modelli con disabilità, con l’obiettivo di rappresentare in modo più accurato l’intero target di riferimento di Google.

Dopo aver modificato i propri contenuti visivi, gli insight 20/21 hanno registrato un aumento della brand awareness e del tasso di conversione e una riduzione del costo per lead qualificato all’interno delle campagne pubblicitarie. (*Fonte Google)

La scelta delle immagini, infatti, è un elemento fondamentale per offrire agli utenti un’esperienza più inclusiva. I risultati “All In” di Google (fresco vincitore del Brand Diversity Index 2021) confermano come il mondo – almeno del marketing digitale – sia orientato verso una rappresentazione sempre più eterogenea e variegata.

Inclusione e diversità al primo posto per la Gen Z

Diversità e inclusione stanno acquisendo maggiore rilevanza tra i consumatori e rappresentano valori fondamentali soprattutto per i ragazzi della Generazione Z, sempre più attenti all’impatto che il mondo di oggi avrà sul loro futuro. 

Sono proprio i nativi digitali a vedere il mix di diversità come una vera e propria risorsa e a dare priorità all’inclusione.

Studi recenti come “The Psychology of Inclusion and the Effects in Advertising: Gen Z” – a cura di Microsoft – dimostrano proprio come il sentiment e le intenzioni di acquisto della Generazione Z siano orientati alla diversità e all’inclusione.

Secondo le ricerche, due terzi degli intervistati si fida dei brand che rappresentano le diversità nelle loro campagne e il 50% ha addirittura ammesso di non acquistare più prodotti di brand non in linea con i propri principi

Le aziende che desiderano, quindi, raggiungere la Generazione Z e dimostrarsi inclusive devono cogliere le differenze, amplificare la comunicazione, valorizzare gli ideali dei nativi digitali e creare legami autentici.

In CreationDose lavoriamo a stretto contatto con community di next gen e creiamo campagne inclusive per raccontare storie reali e costruire nuove relazioni tra i brand e la Generazione Z.

Aiutiamo le aziende a individuare i loro punti di forza e a definire la propria identità, costruendo il giusto format che raggiunga e coinvolga le nuove generazioni.

Contattaci e scopri come valorizzare il tuo brand ed entrare in connessione con la next gen.

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